Il Soave Superiore


La nostra terza tappa ci porta in Veneto, in provincia di Verona, alla scoperta di un altro grande vino bianco: il Soave Superiore.

ORIGINI

Le prime testimonianze dell’esistenza di questo vigneto risalgono al ritrovamento di fossili di 40 milioni di anni fa. L’origine del nome sembra che risalga all’epoca dell’Impero Romano quando gli Svevi (Suaves) calarono in Italia assieme ad Alboino, re dei Longobardi. L’odierno territorio del Soave in epoca romana era un “pagus”, termine latino che indica una circoscrizione territoriale rurale al di fuori dei confini della città, accentrata su luoghi di culto locale inizialmente pagano e poi cristiano. Una testimonianza significativa ci giunge dal Senatore Cassiodoro che nelle sue epistole raccomanda di non far mai mancare i vini bianchi veronesi definendoli “soavissimi e corposi” capaci di esprimere “chiara purità….gioviale candidezza e soavità incredibile”.
Anche Dante Alighieri ne elogia le qualità in alcuni suoi scritti mentre in un passato più recente è stato uno dei vini preferiti da Gabriele D’Annunzio.

STORIA

In questa zona, a partire dal XVI secolo, si sperimentano nuove forme di coltivazione della vite come l’utilizzo del “palo secco” per sostenere le piantine, si migliorano le tecniche colturali della gestione della pergola e si diffonde la coltura a viti basse.
Agli inizi dell’800 nasce a Verona la “fabbrica di vino” per contrastare la concorrenza dei vini del Bacino del Reno ed i Tokay ungheresi. Aumentano le produzioni di qualità ottenute da una maggiore selezione e riduzione dei quantitativi di uva prodotta; si studiano vigneti e terreni al fine di individuarne i più vocati e si inizia a “tagliare” il Trebbiano di Soave (o Trebbiano Veronese) con la Garganega.

Nel 1901 nasce la Cantina Sociale di Soave, organizzata sotto forma di cooperativa agricola, con lo scopo di tutelare il territorio e la sua storia per rispondere in maniera unitaria al confronto internazionale e la concorrenza con i paesi d’oltremare. La sua naturale evoluzione porta alla costituzione di un Consorzio Tutela Vino Soave e Recioto di Soave per la ricostruzione dei vigneti in seguito alla comparsa della fillossera.
Nel 1939 il Trebbiano di Soave raggiunge una diffusione pari al 20% tanto da considerarlo indispensabile per fare un bianco all’altezza della sua fama. Nell’immediato dopoguerra però questo vitigno di difficile coltivazione, dovuta alla sua maturazione anticipata rispetto alla Garganega, inizia ad essere sostituito con il più sicuro Trebbiano Toscano. Oggi la presenza di uva dell’antica Turbiana è poco frequente nei vini di Soave ed è facilmente riconoscibile dal suo profumo di rosa e dalla sua delicata sapidità.
Nel 1968 gli viene riconosciuta la denominazione di origine controllata mentre per poter parlare di Soave Superiore Docg bisogna aspettare fino al 2001.

DISCIPLINARE

La zona di produzione comprende il territorio collinare di parte dei comuni di Soave, Monteforte d’Alpone, San Martino Buon Albergo, Mezzane di Sotto, Roncà, Montecchia di Crosara, San Giovanni Ilarione, Cazzano di Tramigna, Colognola ai Colli, Caldiero, Illasi e Lavagno.
Il Disciplinare di produzione stabilisce che possano essere impiegati diversi vitigni: Garganega per almeno il 70%, e per il rimanente da uve dei vitigni Trebbiano di Soave (nostrano), Pinot Bianco e Chardonnay. In tale ambito del 30%, e fino ad un massimo del 5%, possono altresì concorrere le uve provenienti dai vitigni a bacca bianca non aromatiche autorizzati e raccomandati per la provincia di Verona. Può essere prodotto nelle versioni: Soave superiore e Soave Superiore riserva; in etichetta l’aggiunta della dicitura “Classico” significa che il prodotto è ottenuto da uve raccolte nella zona di origine più antica. La Riserva è caratterizzata da un’ottima capacità evolutiva, grazie alla sua freschezza, che nelle annate migliori può arrivare anche a dieci anni.
La resa massima di uva non deve essere superiore a 100 quintali per ettaro di vigneto a coltura specializzata.

DEGUSTAZIONE

Le principali caratteristiche organolettiche del Soave Superire sono:
– colore giallo paglierino, a volte intenso con possibili riflessi verdi e oro;
– odore ampio, caratteristico floreale di fiori bianchi e mandorla tipici della Garganega, con note di vaniglia per la riserva;
– sapore pieno e delicatamente amarognolo, ottima freschezza e sapidità dovute dal Trebbiano, nei prodotti maturati in legno il sapore può essere più intenso e persistente, anche con note di vaniglia.
La corretta temperatura di servizio è di 10°C circa e va servito in calici di media capacità a tulipano svasato per esaltarne i profumi.
È un vino che si accompagna benissimo con aperitivi a base di salumi come la celebre “sopressa” di Verona, il prosciutto di Soave e il cotechino, primi piatti, secondi piatti a base di pesce e di carni bianche, ma altrettanto bene si abbina con i formaggi.

La cucina del territorio trova il suo perfetto equilibrio con il Soave; i piatti tradizionali veronesi sono: le minestre di verdure, con l’aggiunta di fagioli, o il pamojo o la panà (pane bollito e condito con un filo d’olio), o il riso con le verdure come verze, cavolo cappuccio, piselli (bisi), sedano rapa. La pasta fatta in casa, taiadele in brodo coi fegatini e lasagnette, era il piatto domenicale che si serviva con gallina e manzo lessati abbinati alle salse, quali la pearà fatta col pane raffermo e il formaggio, la salsa verde col prezzemolo e l’acciuga, il cren (radice di rafano tritata). Il vino Soave si accompagna inoltre ai bigoli fatti al torchio con farina di grano tenero e conditi con le sardelle sotto sale. Gli asparagi selvatici (le sparasine), i germogli del luppolo (i bruscandoli), le ortiche sono ingredienti primaverili molto usati per arricchire zuppe, secondi piatti e uova. Il piatto della tradizione pasquale è il capretto, cotto in forno a fuoco lentissimo ed insaporito con il Soave.
Questo vino trova il suo perfetto abbinamento con il pesce; le ostriche, sia crude che gratinate, latterini, gamberetti, sogliole e salmoni.

Consorzio di Tutela del Soave – www.ilsoave.com

Andrea De Agostini

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